di
Dante Cruciani
(
continua da qui)
6. Allora, a un certo punto, a pochi metri dal rifugio, vedo mio fratello che si lancia di corsa sulla neve fresca. Vedi? mi dice, Vedi? Qui sì che si cammina bene. Faccio una fatica della madonna, ma almeno serve a qualcosa avere le racchette ai piedi.
Sì, ma – dico io - sì, però – accenno - è una fatica per la fatica, no? È una fatica per il gusto di dire: ho pagato per queste cose che ho ai piedi e adesso le uso del loro uso proprio, e il loro uso proprio è fare fatica.
No, dice mio fratello, no, il loro uso proprio è fare meno fatica, perché se non le indossassi, su questa neve, non riuscirei a muovermi, dice, sprofondando.
Sì, certo – rispondo – ma per fare meno fatica devi fare più fatica e buttarti sulla neve fresca, anche se non ce ne sarebbe nessun bisogno.
A quel punto mio fratello mi guarda e mi dice: Aspetta; ma tu... non starai mica metaforizzando, vero? Lo sai che odio quando metaforizzi.
No, no – dico io a mani alzate - no, io dico così, per capire.
Capire cosa?
Ma no, rispondo, è che questo libro di Eco si legge spigliato, in fretta, è anche divertente talvolta, ammicca nel modo giusto, ma poi arrivi a un punto in cui per poterlo recensire devi per forza finirlo, mica lo puoi abbandonare. È quel punto oltre il quale fai più fatica a bluffare che a leggerlo tutto. E proprio lì, in quel punto di non ritorno, zac, ecco che Eco ti frega e diventa una patacca.
E quindi? – risponde mio fratello – che c'entra?
Eh, che c'entra – dico io – ma secondo te, la facilità di lettura è un valore? Cioè: tu leggi un libro velocemente perché è bello, o per te un libro è bello perché lo leggi velocemente?
No, aspetta, ma di cosa stai parlando?
Ma non lo so guarda... mi faccio un sacco di problemi: su cosa si giudica un libro? Su cosa puoi giudicare questo libro? Come si fa a dire se è bello o se è brutto? Qual è il punto? E perché il primo paragrafo di questo pezzo era al passato e adesso è tutto al presente?
Senti, non mi ci raccapezzo più. Andiamo a mangiarci una salsiccia, che così mi tolgo 'ste cagate dai piedi – dice - Sono sicuro che dopo una grappa tutto ti sarà più chiaro.
Una?
7. Ma allora, per capire, cosa si deve capire? E per fare il punto, qual è il punto della faccenda? Aspetta, questa la so: Il punto della faccenda è Inglorious Basterds. E il suo rapporto con il Calamaro di Praga.
Adesso potrei ammorbarvi su questo punto per pagine e pagine - per esempio sul tipo di pubblico che le due narrazioni presuppongono; oppure sulla sostanziale vuotezza di entrambi gli esperimenti (vuotezza elegante, eh, e piena di meraviglia quella di Tarantino; vuotezza per estenuazione, invece, quella di Eco, ma spesso altrettanto elegante, anche se d'un'eleganza un po' polverosa). E invece. Invece.
Invece c'è questa cosa del falso, e della storia; e del falso nella storia, e della storia falsa; e del racconto, che è falso perché è un racconto, e diventa vero una volta che è raccontato; e della vendetta, che è il racconto: e del racconto che è la vendetta.
Chiaro, no?
8. Insomma: il gioco di entrambi è quello di disinnescare la Storia. Ma la strategia di Eco non si basa sull'invenzione. Piuttosto, Eco si sente in dovere di spiattellare tutto, tutto ciò che sa, e la cosa fondamentale è che tutto sia vero, documentabile. Non è solo un vezzo, o l'opera di un maniaco. Nel contrasto tra l'erudizione dell'autore e l'evidente sciatteria con cui è costruito il personaggio principale, emerge nitida la falsità dei Protocolli dei Savi di Sion. Simonini è un protagonista così malfatto e irreale, che queste qualità si riverberano immediatamente sui Protocolli, rendendoli, con più chiarezza di quanto mai potrebbe fare un saggio, dei prodotti di finzione. Non è un risultato da poco. Peccato solo che i lettori di Eco (quelli che veramente lo leggono) queste cose le sappiano già.
9. Così, quando entriamo nel rifugio e ci sediamo all'angolo, vicino alla stube, di fronte alla finestra che dà sulla vallata, e il sole allaga la stanza ed è caldo - quel caldo da alta montagna che ti si spalma addosso inchiodandoti - e la cameriera corre a portare i menù segnalandoci che i canederli sono finiti perché se li è mangiati tutti un signore che ne ha ordinati più di cinquanta in poco più di un'ora, proprio allora, dopo aver ordinato le salsicce e i funghi e un quarto di vino, ci accorgiamo che a un tavolo di distanza c'è Umberto Eco, in giacca, cravatta, sigaro spento in bocca, baffi, una pila di piatti davanti, e quel cappello che si vede talvolta nelle foto nelle quarte di copertina, o su Repubblica quando magari ci sono gli articoli sugli ebook.
Posso farmi perdere l'occasione? Mi scolo un bicchiere di vino e vado.
10.
Professore, anche lei qui?
Ma sì, ho una conferenza in quota tra un paio d'ore, e mi sono fermato a fare uno spuntino.
Una conferenza?
Si intitola Scalare quasi lo stesso monte.
Interessante. È venuto a piedi?
Con le ciaspe, ma non servivano a nulla.
Sì, guardi, questi noleggiatori di ciaspe sono...
Non me lo dica. Una volta me ne stavo a zonzo con Borges, Calvino e l'ombra di San Tommaso, e volevamo andare sul Civetta, ma...
Aspetti. Tra poco mi arriva la salsiccia e volevo chiederle solo una cosa.
Dica pure.
Ma il Cimitero di Praga: non le sembra poco strutturato come romanzo?
Eh, sì, magari anche sì... sa, però... lo scrittore... è una macchina pigra... ha bisogno che il lettore collabori alla costruzione del senso della narrazione...
Lo scrittore?
Lo scrittore, certo! E chi se no? Lo scrittore è una macchina affamata, assonnata, frastornata, confusa, fragile, triste, solitaria, finale, radicale, grassa, magra, piovosa, nebbiosa, nebulosa, buia, sottile, unta, secca, cisposa, barbuta, baffuta, scavata, urlata, calva, pelosa, tesa, salgariana, dumasiana, ignorante, violenta, dolce, avanguardistica, aperta, collosa, fenomenologica, futuribile e... e poi, quando meno te l'aspetti, arriva l'editore e zac.
Zac?
Zac.
Ah, ho capito.
Zac.
Già. Va bene. Ho capito. Allora vado. Grazie!
Di niente.
Arrivederci.
Arrivederci. Aspetti. Potrebbe ordinarmi un piatto di canederli? Non me ne vogliono più dare e ne sono ghiotto.
Eh, sono finiti.
Zac.
Già.
Allora una grappa.
11. Mia nonna, la madre di mia madre, ha compiuto 100 anni in ottobre. Non è lucidissima, ma neppure troppo rintronata. Se ne sta a letto, talvolta parla. Ultimamente, ha avuto una ricaduta. A natale, per esempio, non si è mai alzata dal letto. Stava lì, con la badante, con gli occhi chiusi. Verso l'ora del caffè mio padre è andato a salutarla. Mio padre è medico, e tutte le sorelle di mia madre volevano sapere cosa ne pensava. Volevano un parere professionale. Quando è uscito dalla stanza, le sorelle di mia madre l'hanno circondato e gli hanno chiesto: allora? come l'hai vista?
E mio padre ha risposto, nel silenzio generale: mummificata.